Il termine deriva dal greco: Epi (su) e echein (tenere). E’ traducibile con sospendere o trattenere. Mentre l’epochè scettica dell’antichità era un concetto distruttivo, in quanto negava o costringeva a negare qualsiasi certezza; l’epochè di Husserl mira a sospendere il giudizio sulle cose, in modo da permettere ai fenomeni che giungono alla coscienza di essere considerati senza alcuna visione preconcetta.
Secondo Husserl è essenziale disporsi in un atteggiamento innaturale, che ci faccia riscoprire il modo originario della conoscenza, il rapporto primitivo tra soggettività e mondo, soffocato e nascosto da universalità e ovvietà. Husserl parla di scienza rigorosa, possibile solo attraverso un’operazione metodica, un esercizio faticoso per liberarsi dai vincoli più forti ed universali, un esercizio di sospensione del giudizio. Si arriverà solo così ad avvicinarsi al mondo con gli occhi di un bambino che lo guarda come se fosse per la prima volta (Husserl parla di spettatore ingenuo e disinteressato) e si giungerà alla conoscenza di una realtà veramente autentica. Tutto questo viene racchiuso nel concetto di epochè che ha tali caratteristiche:
- la messa tra parentesi dell’atteggiamento naturale. E’ un atto libero, volontario del soggetto volto alla «messa in parentesi»dell’atteggiamento naturale cioè l’intero mondo naturale. Mettere tra parentesi tutto ciò che appare naturale perché si riveli da sé, il legame ineliminabile della coscienza con i suoi oggetti, significa non dare per scontato tutto. Solo in questo modo si elimina la coscienza da tutti quei sensi eccedenti il dato immediato, che non possono dare la certezza di una realtà davvero autentica. Così io neutralizzo tutte le scienze che si riferiscono al mondo naturale e, per quanto mi sembrino solide, non ne faccio assolutamente alcun uso. Nessuna teoria, ogni visione originalmente offerente è sorgente di conoscenza, tutto ciò che sia da originalmente nell’intuizione è da assumere come esso ci dà, ma anche soltanto nei limiti in cui si da, non occorre indagare del fenomeno, se non ciò che del fenomeno giunge alla nostra coscienza. Si guarda al fenomeno in modo autentico, senza la mediazione di tutte quelle teorie che allontanano gli uomini dalla percezione immediata del fenomeno. Criterio dell’evidenza = attenersi a ciò che si dà immediatamente, senza mediazione, alla coscienza.
- lostrumento concettuale che ci conduce al fenomeno Solo grazie all’epoché si può sgombrare il campo da tutto e alla fine giungere ad incontrare l’altro.
Si inizia così un processo conoscitivo del mondo attraverso la riduzione a fenomeno di esperienza di ciò che conosco, dischiude il terreno della conoscenza di essenze o eidetica. La proposta di H. è di fondare una scienza su questo principio dell’intuizione eidetica o intuizione di essenza. Un’intuizione eidetica non è un’illuminazione improvvisa, ma è legata all’immaginazione. Si tratta di variare liberamente le strutture di un ente particolare per cogliere i suoi tratti generali. Il risultato è un residuo di attributi che non possono essere variati. Tali attributi determinano le strutture essenziali (eidetiche) della conoscenza della logica. Husserl supera così la concezione di dubbio cartesiano, dove l’indubitabile stava solo nell’oggetto pensante (cogito ergo sum), ponendo la possibilità della conoscenza trascendentale attraverso il mio esperire, anch’esso indubitabile, a prescindere dall’esistenza reale dell’oggetto, che viene messo perciò tra parentesi.
- permettela conoscenza trascendentale (cioè fuori di me); a partire dai vissuti immanenti (interni) io faccio esperienza di qualcosa di trascendente (esterno), cioè esterno a me. E’ un movimento orizzontale, non verticale, non si tratta cioè di qualcosa di metafisico, ma di fisico, soggetto e oggetto si trovano sullo stesso piano s—o no s/ o-
- èun atto etico poiché considera il rapporto tra noi e il mondo come un processo che necessita di attenzione e cura, ma è una scelta di responsabilità personale, un qualcosa che si crea dentro di me. Accettare l’altro, rimanere lì con lui, condividere qualcosa insieme è sicuramente un atto personale e non dettato dalla morale. Etica=personale; Morale=condiviso.
- sospensionedi ogni pre-giudizio sospensione totale delle presupposizioni e delle acquisizioni scontate. Bisogna accogliere il fenomeno nei modi e nei limiti in cui si dà all’intuizione. E’ necessario non considerare i fenomeni un’infinità di pre-concetti che si sono formati nel tempo attorno alle definizioni del senso delle cose (certamente utili nella dimensione quotidiana della vita), ma cogliere il significato autentico della realtà; le cose giungono alla coscienza nel modo più autentico e originario possibile, escludendo tutti i dati intorno ad esse che sono stati acquisiti per via teorica e scientifica.
Questo non è sempre però del tutto possibile, perché non si può togliersi dal campo. Il terapeuta deve poter stare con il paziente anche portando delle parti di sé che sono imprescindibili dal suo ruolo perché fanno parte della sua persona. Heidegger però rifiuta l’epochè ritiene che si debba indagare la dimensione quotidiana dell’esistenza per comprendere il senso delle cose E quali possono essere le sue declinazioni in ambito psicoterapico? Si collega spesso il concetto di epochè di Husserl con il concetto psicoanalitico di uno spazio vuoto nella mente del terapeuta “senza memoria e senza desiderio” di Bion. Cioè bisognerebbe, una volta “riconosciuto” il paziente nella sua identità anagrafica, dimenticare ogni altro dato relativo a lui, per cercare un’apertura mentale totale verso quella che possiamo indicare come l’essenza di quella persona e l’ignoto relativo a quell’incontro. Inoltre bisognerebbe prendere distanza da qualsiasi desiderio, sia nei confronti del paziente (che cambi, che guarisca, che stia meglio,…) sia rispetto a sé e alla propria situazione contingente (desiderio che finisca la seduta, desiderio di andare finalmente a mangiare, desiderio dell’agognato riposo, delle vacanze,…) Si tratta di una proposta “radicale” per un lavoro psicoanalitico trasformativo e incidente sull’atteggiamento profondo dell’analizzando, operandovi delle “evoluzioni” ma, in prima battuta, su quello dell’analista. La memoria si riferisce al passato e il desiderio al futuro. La memoria e il desiderio, secondo Bion, hanno a che fare con delle “fughe inconsce”, che allontanano l’attenzione da ciò che “sta accadendo ora, nel momento presente”. Fare a meno di memoria e desiderio, quindi, sembra finalizzato a recuperare l’attimo presente, il qui e ora, il “momento presente assoluto”, instaurato il quale diviene possibile prendere distanza da proiezioni mentali, sia nel passato che nel futuro, liberarsi da “causalismi”e “finalismi”, spesso inconsapevoli, per farsi, come si dice, presenti a se stessi– obiettivo base di consapevolezza e di contatto con il Sè.
Per realizzare tale presenza, per divenire il più possibile consapevoli di “ciò che è” e “di ciò che si è” qui e ora, sembra dunque rendersi necessario passare – paradossalmente – per l’assenza: abbiamo bisogno di farci capaci di tollerare l’assenza, il vuoto, con la possibilità di reggere l’“assenza” di chiarezza, di certezze, di idee; un atteggiamento che sa “sostare nel buio”, nell’incertezza. Bion la chiama Capacità Negativa (Keats verso Shakespeare). Questa capacità tollera la decostruzione del già-saputo per trovarsi di fronte al “non-sapere” e sostarvi fino a quando spontaneamente si manifestino nuove possibilità di senso, fino allora insospettabili, altrimenti l’incapacità di tollerare uno spazio vuoto limiterebbero nuovi significati e nuovi mondi possibili. Freud aveva parlato di “attenzione fluttuante”, la capacità di non legare l’attenzione a nulla in particolare per lasciarla libera di sintonizzarsi di volta in volta con ciò che sta “vibrando”.
5 pensieri su “Epochè”
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